CHIARINA
“… doppo della adunanza sonarono tutte le campane, e le trombe
e fù anco bandito che tutte le compagnie ballassero
per la venuta del signor Braccio,
e molta gente del contado concorse nella città”
ms 1211 Biblioteca Augusta di Perugia
Annali di Perugia nel 1407 sino al 1600 – Timoteo Bottoni(o)
Il termine “tromba araldica”, più tecnico e pertinente del comune “chiarina”, meno preciso e di diffusione ottocentesca, indica uno strumento musicale appartenente alla numerosissima famiglia dei tubicines, ottoni che hanno attraversato la storia, almeno dall’epoca romana fino ai giorni nostri:
strumenti arcaici, ma raffinatissimi, di forte impatto sonoro, di gran difficoltà e raffinatezza nell’esecuzione, al tempo stesso ancestrali.
Dalle buccine, di forma lunga e fortemente scampanata, pendono drappelli o piccoli stendardi, di regola marcati da stemmi o scritte, che le connotano come appartenenti a un regno, una città, una famiglia nobile, una corporazione, elementi che le arricchiscono, ingentilendone la forma, ma fornendo al contempo importanti informazioni di carattere sociale e culturale. Il suono, prodotto attraverso un bocchino, esterno o ricavato direttamente dal canneggio tronco-piramidale, sfrutta la sequenza naturale delle armoniche, prodotta attraverso l’aumento della pressione interna.
Nell’iconografia medievale e rinascimentale lo strumento viene raffigurato per dar vigore, forza e vitalità alle scene, aumentando nell’osservatore l’impressione evocativa del suono e del contesto maestoso, della solennità o della drammaticità dell’evento raffigurato. Nelle tradizioni pittoriche realistiche, in cui gli artisti tendono a mantenersi fedeli al vero, la postura dei suonatori li presenta ben saldi sulle gambe, con gli strumenti sollevati in alto, volti dinamicamente a diffondere il proprio messaggio sonoro nella corte. Un braccio è sollevato per sorreggere il peso del lungo canneggio e la mano è disposta a creare un angolo opportuno, perché la vela del pendaglio non destabilizzi l’esecuzione. L’altra mano stringe fortemente a cucchiaio la tazza della tromba tra le labbra, assecondando la pressione necessaria. Nella complessa varietà di questi aerofoni, le fogge ed i materiali utilizzati variavano notevolmente a seconda del grado di ricchezza dell’ambiente e degli esecutori stessi. Si potevano così osservare forme semplici e lineari, fino ad elaborati oggetti d’alto artigianato ed oreficeria. Partendo dall’ottone, dal rame, dal piombo, dallo stagno e dal legno si arrivava fino all’avorio o all’argento con pendenti d’oro. Le forme più arcaiche rievocavano i corni animali e le conchiglie di grandi dimensioni, usati nella remota antichità per suonare, antenati dei moderni strumenti. Associata alla campana del Comuno ed ai tamburi, la tromba araldica viene utilizzata nella vita sociale del passato per scandire momenti di grande solennità e festa, mentre in battaglia cadenza il passo delle guarnigioni e “inneggia” comandi alle truppe. Il timbro chiaro, squillante e maestoso ed il poderoso volume, percepibile a grandi distanze, sono l’espressione sonora della forza di figure mitiche, come Eolo o Tritone o dei grandi condottieri delle epoche in cui la Guerra era ritenuta un’Arte.
TAMBURINO
Il tamburino è il suonatore del tamburo; uno strumento a percussione, di varie dimensioni, che può esser suonato da battenti o bacchette in legno con o senza feltri sulla punta. La figura dei tamburini, unitamente a quella delle chiarine costituiscono la parte musicale dei gruppi “musici e sbandieratori“. Il loro ruolo è quello di scandire il tempo per le bandiere che sventolano seguendo ritmi ben precisi ma non solo, nelle manifestazioni di rievocazione storica i tamburini mettono in piedi delle vere e proprie esibizioni con coreografie spettacolari accompagnate dal suono audace delle percussioni.
SBANDIERATORE
Lo sbandieratore è un artista che si esibisce facendo compiere evoluzioni ad una o più bandiere. La figura dello sbandieratore nacque alla fine del XIV secolo ed aveva il ruolo di “segnalatore” durante il periodo di guerra. La presenza della bandiera fra le truppe era motivo d’orgoglio ed espressione di un’esigenza tattica durante i combattimenti. Attraverso lanci e sventolii, lo sbandieratore, comunicava con i reparti indicando il momento propizio per eseguire l’attacco, i movimenti da effettuare con le truppe ed i momenti salienti della battaglia, il tutto attraverso l’utilizzo di codici ben precisi. I colori delle bandiere erano i più diversi e venivano utilizzati per essere riconosciuti dalle proprie truppe d’appartenenza. Lo sbandieratore era un militare scelto con parsimonia: esso doveva esser federe, ingegnoso e ben istruito. Sovente questo particolare militare conosceva più di una lingua, utile per comunicare con i nemici di guerra sul campo di battaglia. Gli sbandieratori catturati nonostante minacce, violenze e torture avevano il dovere di custodire i segreti di cui erano a conoscenza ovvero i codici militari di cui si servivano nei conflitti. In passato l’arte di sventolar la bandiera era un insegnamento previsto dalle accademie militari o dai collegi improntati sull’educazione militare. Dal 1600, in Italia, presso le corti dei grandi principi, i giochi della bandiera acquisirono un ruolo di intrattenimento per dame e cavalieri. Oggi, di tutto questo, rimane lo spettacolo che sventolii dei vessilli offrono agli occhi dello spettatore durante le esibizioni di gruppi storici che, secondo differenti scuole, praticano quest’arte. In Italia esistono diversi gruppi di Sbandieratori attivi, alcuni di questi sono iscritti e difesi – sul piano artistico \ culturale – da federazioni di settore come la Federazione Italiana Sbandieratori (F.I.SB.) e la Lega Italiana Sbandieratori (L.I.S.) che promuovono e conservano il valore storico di manifestazioni riconosciute come patrimonio culturale italiano.